Sali a Baita   Do Re Mi
Fa
Sol
 


Di quel
che passa
si scrive,
si canta,
si balla.

Di quel
che resta
ci bastan
gli occhi.

 

29.7.05

 
Che storia.

Eh la Storia sarebbe poi quella dell'impicciona che si intrufolava spesso dentro ogni pretesto: e come mai quello e come mai questo e nessuno sapeva darle delle saggezze.
Così vagava, e tutti a farle il coro attorno aspettando lo spettacolo in modo composto e tragico.
Eh la Storia ad un certo qualcheprecisopunto poi si è messa ad accellerare mettendosi un dito fra le labbra e scuotendole come mosse da un vento forza nove effetto Bubba brlurlbrulbuplu sembrava facesse la boccaccia al suo verso dipinto che di sicuro qualcuno avrebbe avvertito ma ci si aspettava il trombone sul finale ed invece finì per esser tutti trombati.
Ma come on, la Storia insegnava, la Storia pretendeva, la Storia dolce scuoteva e noi nel frattempo dietro di corsa per tornare a casa ma la casa più non c'era ed era integrata integralista plurirazziata e razziale perchè questo è lo swing dell'immigrazione, della globalizzazione, dei flussi ovunque dal povero al ricco dall'ormone al testosterone al tester di una bomba ad ore ma come on è notte, abbiamo finito la benzina ed abbiamo entrambi gli occhiali da sole.
Per giove la Storia la Storia è puttana sotto la sottana fa quel che gli pare infondo siamo le formiche di questo bel mondo e se ci bruciano il rifugio farà tutto parte di questo pianeta fatto a pertugio, andiamo e siamo estrapolati un po' dal tuo sonno come numero primo ridotto a corpo morto.
Shhh la Storia dorme non svegliamola mangiamoci le foglie signore e signori ecco entrare in scena il giudice dalla voce grassa al banco degli imputati la Storia vacca e smorta non c'è confronto la sentenza è piatta la si credeva tonda sul tuo bel facciotto ma purtroppo nulla è certo come disse quel buon figlio quasi al rogo di Galileo.
AhAhaAha scusa se impallidisco dal riso ma guardala dov'è la Storia rinchiusa adesso nella sua cella accusata con sdegno da chi crede di saperne di più di certo ed invece non conosce le vie di fuga di quel signore che sono a disposizione del carnefice racchiuse in un cucchiaio usato per scavare di ognuno il fondo e raccoglierlo in montagnette di dubbi da scalciare in polvere di sogni.
Rolen rolen rolen cavalchiamo questo sole con il culo poggiato sulle cuspidi della Storia come suola verso il tramonto di questo western scotto verso chissà dove, verso un finale migliore, verso l'arpeggio di questa pellicola a spettro di cuore.

#

23.7.05

 
Voci.

Voci.
Ovunque.
Ovunque voci negli scaffali sotto i letti dentro alla tazza del cesso persino nello spazzolino disincantate strette nel comodino anche bastarde come le talpe voci perplesse posate sulla polvere del lampadario frugano nel il mio barattolo di miele scaduto fitte nello scarico della lavatrice insite beffarde dietro al freezer su per giù incragnate nelle fughe delle mattonelle piazzate attente attorcigliate nella cornetta del telefono vecchio rotte e stronze sparpagliate di zucchero in zollette voci disattente false amiche distinte troiette versate lascive fra mutande mie e stendipanni assassine formiche pronte alla caccia squoiate mentre faccio la cacca assorte da calli e amiche forbicine zozze impudiche a rigor memoria dei miei discorsi masturbi e dense come lenze all'amo di un' amore bolso come larve riprodotte da un attore porno voci sempre croci di madrigali ebeti ed afoni che sanno come svegliarmi conoscono la nicchia nel mio letto puzzano di sudore verniciato fresco e godono al mio urlo mostrando silenzio di falso rispetto.

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18.7.05

 
In particolare.

Per vantarmi nella danza
ho inventato la distanza:
quando esco di casa
porto in tasca una rosa
chiusa da portagioie di giada
l'amo come esser preziosa
e non la sveglio mai
ch'è timorosa.

In particolare
sudo d'inverno
quando il ghiaccio
è troppo gonfio
da farsi secco
io lo lecco
godendo
e come detto
sudo freddo.

La sera prima ho sgorgato l'aceto
passandolo in un panno d'argento
l'ho chiamato amore e ancora m'imbevo
alimentandone il mio sguardo lento
mi son detto poi coraggio
è il minor danno
per esser del futuro scontento.

In particolare
te lo dico in silenzio
io sudo d'inverno
scostato al resto di te
bollente in stagione,
e c'è dell'altro
prima che mi dimentico:
mastico veloce
deglutisco ramarro
e al primo gelo
come detto
io sudo freddo.

Nel canto son rauco
voce notevole ma eccezzione
copro le mie fughe di malto
e perdo fiato con rumore.
C'è luce nel piano scordato
quando lo suona il tuo spartito:
è come m'avessi baciato
e le tue labbra ripulito.

In particolare
c'è questa cosa speciale:
io sudo glaciale
gocciolando
difronte al clima polare
amo l'avvertenza sottile
dell'aria rarefatta,
inciampo scalando
e lo faccio spesso
mentre tento d'ansimare
che non so se te lo detto
ma io sudo male
solo al freddo,
strano difetto.


#

11.7.05

 
Ah! S'avessi d'inchiostro il corpo.

La mia stella polare maldestra
ha smesso la rotta da tempo
screpolata in una maglia da pesca
e cullata nel grembo del vento.

Tanto tempo fa in una galassia so far so far
c'erano le mie gambe impolpacciate tornite dalla voglia di far quello che sono nate per fare.
Sopra lo scoglio del collo mi lasciavo andare all'istinto asinino fetale e non curavo ne curo tutt'ora l'aspetto del mio apparire sghembo.
Andavo tanto per non pagare, mi muovevo col solletico al culo di un animale banale e
adoravo i tramonti.
Passavo intere giornate ad ammirare i tramonti.
Più che un vivere era un sottobosco d'umori e voglie, gelati e sgelate.
Non ponevo il dubbio, non ero conscio: andavo fiume sfociando senza accorgermi degli emissari e non temendo nemmeno influenti affluenti.
Ora
le maniche sono arrotolate
sotto le ascelle mi cola sempre il sudore
ho imparato a conquistare la pezza con la quale mi bendo
ed un centimetro squadrato del mio fare
non fa più parte di quell'andare.
Non ancora lo accetto questo convivio
resto in panni che non ho chiesto
e che bramo restituire al più presto
questo d'istinto riflesso
ma passa il giorno
accavallato agli insonni
e ridendomi dice
che l'uomo così vien su
s'irrigidisce di creta
solo con la pazienza
d'imparare a muoversi
stando fermi.
E allora incartato
aspetto che mi secco
e dal mio busto di gesso
sputo in alto
ricadendo su me stesso
mi godo fisso
il tramonto eterno
e aspetto.
La mia stella polare maldestra
ha smesso la rotta da tempo
screpolata in una maglia da pesca
si culla nel grembo del vento.

#

7.7.05

 
Mind the gap.

Tra un po', diciamo un anno, scuoterò il capo e ripercorrerò nitido le linee colorate stringendo forte il mio carnet dal risparmio di tre sterline.
Rivedrò Antonino commemorare Kings Cross dal plasma grande con poco sangue.
Tra un po' più in là, diciamo tre anni, avrò nostalgia e spolvererò via la polvere tenendo la sinistra eccentrica.
Sarò pur sempre immerso nel mio via vai e la placida calma degli andamenti in soccorso trasmuterà nella capacità di organizzarsi difronte ad un disastro da anni collaudato in un secondo.
Tra un po' di molto più in là, diciamo dieci anni, oltre le vittime saranno accertati i mandanti e brucierò difronte al caminetto l'ennesimo libro indagine dopo quello finito nel G8 del cesso.
Nel frattempo avrò contato altre stragi, avrò messo a letto altri bimbi e forse per risvegliarmi mi avranno attentato.
Si, lo so, cadono uguali sull'asfalto e sulla sabbia.

Il polso
ci fa andare avanti
star su belli dritti
dimenticare in fretta
ripulirci dal fumo
con le lacrime.
Tra un po',
saremo solo
che più forti.

Mi dispiace,
assassini del cazzo,
l'umano
è più scaltro.


Uff, s'è rotta ancora!
Damn it, un'altra volta, cosa c'ha stamattina...
Tutta la linea ferma?

#

4.7.05

 
Torna a casa presto,
che fuori fa freddo.

Non mi viene da dire.
S'è inceppato il compimento del pensiero,
dentro oltrepelle c'è un omino che fugge
ripreso dal dietro
che alza la polvere
e scappa sgomento
con occhi asteroidi
troppo grandi per lui
pesano
di sconforto per passioni
appassite
e lo fanno ruzzolare
giù per la collina bianca.

Non mi viene da dire.
Hai da accendermi?
Così per incendiarmi
originale inizio per fumare
e lecco me stesso
come cane
dal cuore piccolo il doppio
ma riposto
nascosto
che non ricordo dove
che se lo cerco
vado altrove
raccolgo la mia testa patata
sbalzata giù
dal peso degli asteroidi
ricordi?

Ora la tengo
la testa
con una mano sinistra
troppo piccola
sopra il mento
ma non sono in bolla
ondeggio
e scuotendomi faccio terremoto
tanto che sento sotto i miei piedi
la Cina
la sento più vicina
allora allargo i polpastrelli
cerco le zampe delle galline
stringo forte le tempie
le stiro
e faccio l'uomo mandorla
candido
dal sapore di cioccolato.

Rutto me stesso
e mi sembro più bello.

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Trailer.


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Pixel stretti:


   


Questo è
l'ultimo
inchiostro
mercantile
fresco di
sale e rime.


Qui ultimamente
sto in compagnia
di bella gente.

 

carta

Quest'altro
invece
è a spasso
per Santiago
con le prime
piume.



Il Pallone,
se sei così vecchio,
ora l'avresti perso.

Fortuna che,
come niente,
ora è tornato
tranquillo come sempre.

Se spulci
attento
già c'è l'eco
archiviato
di quel che ero.

Comunque
di certo
rimane solo
lo Sghembo,
ed è questo:

Home.

     
    Cerca che ti passa  
   
Vi lascio la punteggiatura, ma non nel mezzo: quello e' tutto fra la mia testa ed il blu.
Percio', nel caso vi piaccia per gloria o pecunia, almeno un grazie o una mancia rauca.
 
   
creativo