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20.5.03Del silenzio. Vorrei spiegarti il silenzio.Il mio silenzio. Che sicuro è diverso dal tuo. Davvero. Son certo: non mi credi. Ma se hai voglia costanza e tempo d’ascoltarmi, allora siediti e non perderti. Tenterò d’avviarti al mio perchè, evitandoti quel che non è. L’altra sera ti ricordi, si stava in compagnia. Festa e gogliardia, musica e vino. D’un tratto, che me n’ero lì in mezzo già da un po’, mi zittisco. Mi succede spesso, qui ti do ragione, e tutte le volte ti stupisco. Che ormai avresti da conoscermi. Eppur t’adombri ogni volta. Tu per me. T’oscuri e mi chiedi il motivo. Tu per me. Il motivo di un senso sbagliato. T’avvicini e mi sussurri: perché ti sei rattristato? Non c’è senso da risposta articolata, perché la scintilla non mi genera sofferenza. Tutt’altro: il mio non dire è gioia estrema. Ti parrà strano e ne convengo, questo mio atteggiamento. Ma non è colpa tua: il tuo gesto è comunque d’affetto. Solo dettato da regole che a capirle, non t’appartengono. Il disabituo al pensare è malattia grave. Inosservata: e perciò tragedia negata. Quando io mi distacco dal momento e par che m’incupisca, in realtà lo sto solo assorbendo. Gustando d’una sensazione che mi rende vivo, che ha partenza dagli occhi di quel che vedo e termina fra i pensieri di quel che trattengo. No, non mi rattristo davvero. Medito forse, se reggo al termine che vo’ dicendoti. Mi soffermo a perdermi nell’omaggio che rendi alla mia vita. Per farlo, par che mi estranei. Il mio non è un distacco, ne un disagio. Mi rendo conto di confonder le tue convinzioni, che tu credi naturali. Che il mio repentino cangiar d’aspetto in volto pare a te d’umore contrario al momento vissuto. Ma è il disabituo al pensiero a renderti così incerto. Colui che mi sta vicino spesso non ha bisogno di altre certezze: alla mia conferma d’una serenità che vien da lontano partendo da dentro si pone accanto senz’altro domandarmi. Da qui mi puoi credere e tutto è verità. Oppure rattristarti per un qualcosa che non è. E allora ti parrò quel che non sono. Ma io ti preferisco accanto. In silenzio, gioendo.
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Vi lascio la punteggiatura, ma non nel mezzo: quello e' tutto fra la mia testa ed il blu. Percio', nel caso vi piaccia per gloria o pecunia, almeno un grazie o una mancia rauca. |
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