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18.2.08Arpe e sombreri. Dannato vuoto che non si riaggiorna ma muta sfumatura come se fosse inganno del tatto. Visto che non hai chiuso la porta al gatto portati almeno un treno di crocchette fresche per lasciartelo indietro al punto giusto. Visto che hai tutte tu le risposte dammi almeno un minuto per non pensare. Visto che il tuo forno ha bruciato i miei ricordi ricordati almeno di quando eran biscotti. Le vie di Belgrado ti guardano scrostate mentre altre aquile s'alzano poco lontano. Qui è tutto un prospetto di come sarà il macello. Fingiamo che ci interessi niente e come gli apatici migliori ci confidiamo distanziati dal mare con monocorde di sentimenti blandi. Lo chiamavano Pedro el mulo perchè non c'era verso di farlo ragionare e quando esibiva le vene al collo sfiatava muco dalle narici dilatate come un paesaggio su un quadro impressionato da lontano. Nocchere e cerchi dove ritrovarsi felici e contenti. Sfidati la pelle con Felicia, la donna che dona senza resto e se ti vede scontento pensa che lei sia la tua soluzione. Adelmo non è uomo di grandi presentimenti ma a starlo a sentire ti vien da dipingere. Passa il giorno a sputare e tirare su il catarro ma quando canta roco vale un buono per il paradiso. Frustràti dal frullato del mondo a volte si inginocchiano sui ceci come dementi invece di allungare il passo e cinguettare. Continuo a non capire perchè non allargano le sopracciglie e non tengano gli zigomi alti. Da qualche tempo c'è una prospettiva che non si spiega. Non è terza ne quarta dimensione o generazione: è solo voglia di champagne a colazione. 12.2.08Son quattro anni già. Quattro anni già: il tuo fiebilo di voce, quel mezzo caffè mai finito, la voglia di grotta la domenica con te. Fuori mi prende il disgelo spezzando le lacrime al credo: manchi come bastone alla gamba o aria rarefatta dalla vetta delle tue spalle di malta. La tua gioia s'è mutata Sghemba, la tua direzione sparsa nel mio sole ed è di pace un respirarti accanto ogni giorno migliore. 5.2.08Asfodeli. Freddo che giace, freddo che tiene, freddo che scalda l'attorno alle vene. Si muove l'universo sta tutto dentro una voglia: la tua collana è spietatamente morsa. Una carezza brucia l'acqua della nostra distanza: la tua spalla scoperta sa di carta falsa. Sappia la destra come rigirare l'onesto: l'allerta pare una serpente con la lingua nel cesto. Siamo fatti per esser noi, uno più uno del nostro orgoglio, rampe di lancio per Saturno, occhi tesori di Giada, asfodeli esili al canto, terra dalla Luna, incroci di stazioni, passi svelti di tango e polvere di fata. Equazioni rare dentro a burroni scadenti, per quel che ne vale ci salveranno i venti. Trema il bastone mentre vibra la pioggia leggero come farfalla che bacia la roccia. Dicon che le ombre eran sussurri da queste parti sfiorandosi le labbra come le dita degli amanti, ma il sole torna sempre a batter cassa sciogliendo l'ora d'alba in fiori di melassa. Siamo fatti per esser noi, uno più uno del nostro orgoglio, rampe di lancio per Saturno, occhi tesori di Giada, asfodeli esili al canto, terra dalla Luna, incroci di stazioni, passi svelti di tango e polvere di fata.
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Vi lascio la punteggiatura, ma non nel mezzo: quello e' tutto fra la mia testa ed il blu. Percio', nel caso vi piaccia per gloria o pecunia, almeno un grazie o una mancia rauca. |
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