Sali a Baita   Do Re Mi
Fa
Sol
 


Di quel
che passa
si scrive,
si canta,
si balla.

Di quel
che resta
ci bastan
gli occhi.

 

30.6.03

 
Paradiso Indemoniato.

Per capire la banda devi avere in testa il senso del ritmo e per scioglierti questa storia addosso devi saper battere di mani al colpo giusto della gran cassa: non un secondo prima e non un accordo dopo.
Puoi anche agitar la testa dondolandoti al ritmo di un rift ossessivo se può aiutarti ma l’importante è avere sempre in testa il senso del ritmo. Sempre.
O ce l’hai o è meglio che lasci perdere perché vedi, amico, qui tutto ruota attorno al quattro quarti.
E non parlo solo della musica, intendiamoci. Anzi.
Quel che ti racconto, è da crederci, parla di corpi, sudore, mosse, ammiccamenti, sguardi, pensieri, idee, trasgressioni: tutto messo su spartito al caro buon vecchio tempo del quattro quarti.
Uno, due, tre, quattro. Via
E si comincia.
Di solito all’inizio ce la si prende calma.
Come un motore a scoppio che ancora non deve farsi accorgere del suo fragore: si trattiene ma tu sai che prima poi esploderà. Te lo fa intuire.
E tu gusti il momento. L’attesa.
Lo fai grazie a loro, che sono già di fronte a te, pochi centimetri più in alto, lì sul palco.
Loro sono importantissimi.
Sono quelli da un passo dietro, quelli che ti introducono, che ti dicono chi sono e cosa stanno per fare e che tra poco ti fanno credere arrivi uno che ti porterà via l’attenzione e ti trascinerà sempre più velocemente attaccato alla fune roca della sua voce.
E non avrai alternativa se non quella di cantare e dimenarti e ballare come un ossesso, unoduetrequattro urlare e sperare che mai possa finire questo divino nettare di tromba sax rullante guitar cori Rhythm 'n' Blues mio dio che spettacolo!
E invece tutto deve ancora iniziare.
Potenza della band.
E sono ancora lì come bottiglia agitata da stappare che punta dritta il suo tappo sulle scarpette leggere di piedini che salgono sul palco e ti cominciano a sussurrare tra poco baby canterò con le mie due amiche qui sai, ma che fai? Ancora non gemo e tu stai sbiascicando ammiccamenti andiamo darling guarda il nostro balletto guarda com’è perfetto ed è solo per te che andiamo avanti e indietro stando sempre qui per te, solo per te si agitano queste mani che salgono alla nostra voce sexy. Una, due.
Una, due. Una due.
Una due tre e mio dio che venga presto il quattro.
Rullata. E si continua, col ritmo che lento comincia a trotterellare e i fari a puntare quel che da collante deve fare.
Arriva sul palco ma di lui sai già tutto: che gli strumenti te l’hanno già fatto cantare ancor prima d’iniziare.
Sai cosa farà e sai che non ti deluderà.
Così quando lui sale completa un quadro che a vederlo è una gioia per le orecchie: voci chitarre fiati e percussioni pronti a dar vita a quel che più non si riesce a trattenere.
Uno due tre quattro. Via.
Esplosione. Stordimento. Voglia di non star fermo.
Ti hanno portato, amico, nel loro paradiso indemoniato.
E ci stai di un bene, ma di un bene, che la lussuria del momento non la venderesti a qualcun altro nemmeno per quattro preziosi denari.
Uno, due , tre , quattro.
Ma che, sei matto?
Ora che ce li hai li davanti, questi angeli strapazzati di blues and soul che gli scorre nelle vene, sai che ti dico amico? Balla, che ti conviene!
Lasciati trasportare che questo nettare di note una volta provato sarà la tua perversione e una volta in circolo non ti permette più di star fermo.
Inchino, riverenza, sorriso e dolcezza.
Trasgressione, energia, passione e tachicardia.
Spettacolo, divertimento, affiatamento e tutto il resto.
Uno, due, tre, quattro.
Amico, lo vuoi un consiglio da amico?
Se non hai più d’una vita a disposizione vacci ad un concerto dei Black Sound Machine.
Se ne hai più d’una, che ne so, due, tre, quattro, allora ne hai, del tempo.
Ma mai come il loro, di tempo.
Uno, due, tre.
Pausa.
Che sul finale fa sempre un bell’effetto.
Quattro.

#

28.6.03

 
A nulla interessa.

Noi giocolieri sul filo delle ombre di parole
scriviamo da sempre per altrui vite da dipanare:
siam quelli che in fondo nessuno li vuole
poichè spietati, distratti e sfacciati da far male.

Cerchiamo rabdomanti quel tuo profondo pozzo
al limitare della tua futile corte con attrezzi da villani
te lo mostriamo infine d'un nero rozzo e profondo
sporcandoti l'anima con le nostre unte mani.

Scacciati da un regno dove pensare non è concesso
reietti da un sovrano ignaro, beato e senza testa
ci siamo trovati ai margini di un falso limbo perfetto
portando a spasso quel macigno con scolpito 'Tua Coscienza'.

Mosche bianche a disturbare anche il sonno più profondo
non v'è ne è più di uno per fiume che torna alla sorgente:
libero d'essere vivo a loro mi unisco lasciando il solco
che non son l' unico salmone ad andar controcorrente.

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26.6.03

 
Come un angelo senza ali.

Dalla parte opposta alla fine della strada
ti osservo raccoglier pezzi di una vita passata
e me ne sto come sempre distratto in silenzio,
mentre ti ho difronte insicuro penso
che agli occhi di un cieco seppure per sbaglio
donata la vista non si resiste all'abbaglio.

...i miei passi coi tuoi passi
abbracciati in un istante
ma subito scomparsi...


Accade svoltato l'angolo
di non averti più nei sensi
all'improvviso sentirti senza averti
di corsa tornare indietro
urlando che ti amo
ma tu già non ci sei
e io sto gridando invano.

Sto ancora dall'altra parte della strada
ma non è come prima tornare a casa:
andare avanti senza fari
come un angelo senza ali.

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25.6.03

 
Meno Indigesto.


...Il problema è che adesso lui
sa che cosa sta facendo,
sa che cosa gli sta succedendo,
sa di essere null'altro che un fottuto ingranaggio...



Non sono parole mie.
Forse non sono nemmeno sue.
Passano attraverso Bob
e ti arrivano dritte lassù sopra gli occhi.

Livefast scrive
che tu pensi.

Scrive
che tu fai su e giù come un somaro
annuendo
di quel che magari già sapevi
ma non avevi davanti uno specchio
per capire che si parlava di te
come soggetto.

Legger righe pensando ad altri
evitando introspezioni
è più leggero
indiretto
meno indigesto
nei confronti di te stesso.

Lifefast non fa altro che questo:
rifletterti il sole in faccia
e farti scoprire quanto sei bello
che anche se la luce abbaglia
ti capisci in un momento.


*A parlar di rime smosse mi viene in mente anche Pizia che con un colpo d'autore ha risposto da par suo a chi pensava di menarla per l'aia ed invece s'è ritrovato com'era prevedibile col pane in mano al posto della focaccia.

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24.6.03

 
Oscillando come un pendolo.


...Carceriere di me stesso
con la chiave in tasca invoco libertà
ma per adesso so che questa cella
resterà sprangata a triplice mandata dall' interno:
sono l'anima dannata messa a guardia del mio inferno...



Le parole che fan male, chissà da dove vengono.
Quelle che ti prendon di sorpresa, che ti feriscono al petto.
Quelle ingrate, non volute, non giustificate.
Quelle lì insomma: fanno un male cane.
Chiamando 'incroci' le persone che incontri, hai sempre due scelte difronte da porti: o tenti di seguirne il percorso per posare la tua cesta di bene sul suo cammino o te ne vai in direzione opposta senza nemmeno cercare di capirle e le lasci affidate al loro destino.
A me, qualcuno di imperfetto, ha insegnato che la prima scelta non è mai in difetto.
Intendiamoci, non è sempre stato così: un tempo ero odioso, arrogante, presuntuoso e tiravo dritto per la mia strada fino a che la vita non mi ha presentato il conto.
Ora, passati degli anni e invertita la rotta, pagato pegno e cambiato il mio pensiero cerco sempre di tirar fuori il meglio alle persone che incontro lungo il sentiero.
E mi sono accorto che fa bene al cuore: al mio e a soprattutto a quello a cui si dona amore.
Ne sono così convinto che non ho più voluto tornare indietro, anche se lo ammetto è più faticoso e sarebbe mille volte più facile inserire la retro.
Questo perchè m'è successo d'incontrar quest'anima, che non posso credere sia poi così malvagia.
Scontrosa, irascibile e incazzata con il mondo, mi s'è scagliata addosso senza che potessi rendermene conto.
Senza nemmeno un motivo apparente, ferito da parole come sassi son rimasto così, impotente.
A far esame di coscienza non trovandone una ragione avrei dovuto reagire scagliando pietra contro pietra.
Ma son convinto che a poco sarebbe servito, se non a peggiorare una incomprensibile situazione con una ancor peggiore reazione.
Così mi son detto: bisogna far qualcosa, capir questa persona.
Le ho parlato e le ho chiesto il motivo del suo gesto.
Ho provato a domandargli se ero io quello sbagliato e nel caso di spiegarmi dove e come avrei potuto migliorarmi.
Per risposta ho avuto un biascicare quasi muto, un 'insensata motivazione che proveniva da un suo male interiore e un richiudersi in se stessi a muso duro che ci mancava solo un 'fatti i cazzi tuoi' unito ad uno sputo.
In conclusione a cercar di capire la gente, a volte per paradosso quella s'offende.
E reagisce di scorbuto con parole che fan male se gli tendi una mano d'aiuto.
Per fortuna lo so, al mondo non si è tutti modellini fatti dello stesso pongo.
Percui bandiera bianca ancora non la sventolo, convinto come sono che a capire le persone ci si sente come un pendolo.
Oscillando tra chi, aperto, ricambia il tuo sorriso comprendendone il gesto e chi, chiuso, purtroppo ha bisogno di maggiore affetto.

#

18.6.03

 
Tolta una rotella.

Correvo veloce sul mio bolide a tre ruote
nel cortile sotto casa un gran premio immaginato
sui pedali la voglia di raggiungere il sole
e nei sandali di plastica granelli d'oro colato.

Acerbo di vita la soglia del mio dolore,
novizio, diretto, da puntura immediato
non era che il morso di un calabrone:
neanche sentirlo che già era passato.

Tolta una rotella al mio finto locomotore
ho sbuffato e faticato per riprendere fiato
senza limiti al mio palcoscenico d'attore
senza binari a trattenermi incanalato.

Ora che non mi importa d'essere il più veloce
spesso ammiro la strada lungo il cammino
non so se sia la scelta peggiore o migliore
ma quel gran premio lo lascio vincere al destino.

#

 

 

 
   


Pixel stretti:


   


Questo è
l'ultimo
inchiostro
mercantile
fresco di
sale e rime.


Qui ultimamente
sto in compagnia
di bella gente.

 

carta

Quest'altro
invece
è a spasso
per Santiago
con le prime
piume.



Il Pallone,
se sei così vecchio,
ora l'avresti perso.

Fortuna che,
come niente,
ora è tornato
tranquillo come sempre.

Se spulci
attento
già c'è l'eco
archiviato
di quel che ero.

Comunque
di certo
rimane solo
lo Sghembo,
ed è questo:

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    Cerca che ti passa  
   
Vi lascio la punteggiatura, ma non nel mezzo: quello e' tutto fra la mia testa ed il blu.
Percio', nel caso vi piaccia per gloria o pecunia, almeno un grazie o una mancia rauca.
 
   
creativo